Andrea de Adamich ha avuto una gran vita, piena di corse, di idee, di progetti e d'amore. Aveva appena compiuto 84 anni quando l'altra sera gli hanno sventolato l'ultima bandiera a scacchi. È stato pilota, telecronista, opinionista (anche di questo giornale) e imprenditore, fondando a Varano una scuola di guida sicura che è un autentico gioiellino. È addirittura diventato padre della terza figlia all'età in cui gli altri diventano nonni. Non si è fatto mancare davvero nulla, compresa una collezione di auto e moto con più di cento esemplari, alcuni dei quali davvero unici. Partito da Trieste il 3 ottobre 1942 non si è mai fermato, diventando ancora più popolare quando Silvio Berlusconi lo volle sui suoi canali per commentare i gran premi con Guido Schittone e condurre Grand Prix, la trasmissione che per tanti anni ci ha tenuto compagnia raccontando il mondo dei motori. Non era un commentatore banale, anche se le tesi più ardite erano quelle che sosteneva ultimamente al telefono criticando una Ferrari che non riconosceva più.
Aveva cominciato a correre in macchina di nascosto dalla famiglia con la Triumph TR3 che gli avevano regalato i genitori dopo aver passato gli esami di maturità. Non aveva previsto che a casa sarebbero arrivate le foto delle sue imprese. Non lo hanno fermato e lui è stato un campione di eclettismo correndo rally, gare in salita, gare di regolarità, Turismo, Prototipi, Can Am, Formula 1, 2 e 3. "Solo a Indianapolis non ho mai corso", ci raccontava qualche tempo fa, con tanta nostalgia per un'epoca che non tornerà mai più. "Alla mia epoca prima diventavamo uomini, poi piloti. Oggi cominciano da bambini e non smettono più". Ai suoi tempi non c'erano i kart e lui la gavetta l'ha fatta su ogni tipo di macchina vincendo quasi subito il titolo italiano di F3 e poi due volte l'Europeo Turismo con la Giulia Gta. Lui inforcava gli occhiali, indossava e casco e andava. Eh sì perché all'epoca le lenti a contatto non c'erano e sotto al su casco spuntavano due grossi occhiali scuri. Anche quello divenne un messaggio per i bambini miopi che no volevano gli occhiali: se li indossa anche un pilota ...
In Formula 1 ha corso 30 gran premi dal 1968 al 1973 con Ferrari, McLaren, March, Surtees e Brabham. Con la Ferrari debuttò in una gara fuori campionato sfiorando il podio in Spagna. Nella massima serie ottenne due quarti posti come miglior risultato, ma intanto vinceva nell'Endurance (a Brands Hatch e Watkins Glen) e in Formula 2 con la Dino Ferrari alla Temporada Argentina. A quei tempi sapevi quando partivi, ma non sapevi se saresti tornato a casa. Ha visto bruciare Giunti a Buenos Aires, morire in pista Bonnier, Peterson, Revson, Rodriguez, Siffert e perdere un occhio Helmuth Marco. E' rimasto bloccato per 52 minuti con le gambe rotte a Silverstone (l'incidente fu causato da Scheckter che non gli ha mai chiesto scusa), ma prima si era rotto due vertebre a Brands Hatch. Quella volta finì al Pini a Milano dove gli misero una Minerva Imperiale di gesso, trasformandolo in una mummia, costretto a bere da una cannuccia. Quando si riprese si presentò in pista a Monza da Ferrari, ma gli lesse negli occhi che non aveva più fiducia in lui. "Mi propose 8 gare in F1 e tutta la stagione in F2, ma io non sentivo più la sua fiducia, dissi no grazie e me ne andai". Fu uno dei pochi a dire no al Commendatore. De Adamich era fatto così. Un uomo tutto di un pezzo. Cominciò a girare per squadre inglesi motorizzate Alfa Romeo. Fu il primo italiano a correre per la McLaren. La sua vita è continuata anche senza Ferrari, almeno fino all'incidente di Silverstone che nel 1973 chiuse la sua carriera da pilota. È stato un gentiluomo che ha saputo costruirsi una vita ancora più bella e ricca dopo le corse.