Sembrava un’opportunità. Una società finanziaria estera, conti deposito con rendimenti fuori mercato, promesse di guadagni stabili e veloci. Invece era una truffa architettata con freddezza e astuzia tra Puglia e Calabria, dietro la facciata pulita di un nome altisonante: Bandenia Financial Group, società registrata nel Regno Unito ma gestita da italiani. Una banca fantasma che, in poco meno di cinque anni, è riuscita a sottrarre oltre sei milioni di euro a decine di risparmiatori. Ecco cosa è successo.
L'inchiesta
L’inchiesta, condotta dalla Guardia di Finanza di Bari e riportata dalla Gazzetta del Mezzogiorno ha rivelato i meccanismi di un sistema truffaldino costruito per sembrare legittimo. Gli indagati — sette in tutto, tra Puglia, Calabria e Regno Unito — avevano messo in piedi una struttura parallela: aprivano uffici in città, usavano canali pubblicitari online per attirare clienti, promettevano tassi d’interesse fino al 7% su conti “protetti”. Il tutto corredato da contratti ben confezionati e procedure simulate di apertura conto, rigorosamente via smartphone. Ma dietro quella facciata patinata non c’era nulla. I conti erano fittizi, i soldi trasferiti all’estero su conti intestati a società fantasma, riconducibili sempre agli stessi soggetti. I clienti, ignari, credevano di investire in strumenti sicuri, mentre alimentavano un sistema che, nel frattempo, spostava capitali, finanziava operazioni opache e — in almeno un caso documentato — consegnava denaro contante nascosto nei rotoli di carta igienica nei bagni della stazione Termini. Un dettaglio che ha dell’incredibile, ma che fotografa la spregiudicatezza con cui veniva gestito il denaro.
I reati
Il fascicolo, coordinato dalla Procura di Bari, ipotizza i reati di associazione a delinquere, truffa aggravata, abusivismo finanziario e autoriciclaggio. Le intercettazioni, riportate nell’articolo della Gazzetta, parlano chiaro: gli indagati erano consapevoli di trovarsi su un crinale pericoloso. “Dobbiamo andarcene in galera per sta cosa?”, dice uno di loro al telefono. Una domanda che oggi suona più come una presa d’atto. La truffa ha avuto come vittime persone comuni: piccoli risparmiatori, pensionati, famiglie che hanno visto in quei tassi d’interesse insolitamente elevati una possibilità per mettere al sicuro il proprio futuro. Per molti era una scelta dettata dalla sfiducia nelle banche tradizionali, per altri la speranza di recuperare anni di sacrifici. Invece, si sono ritrovati con il nulla in mano.
Come evitare le trappole
Vicende come questa dimostrano quanto sia facile, anche oggi, finire nelle maglie di truffe ben congegnate. Il primo strumento di difesa è il dubbio. Di fronte a rendimenti elevati e promesse troppo belle per essere vere, bisogna fermarsi e indagare. Le banche e le società finanziarie autorizzate operano sotto la vigilanza di autorità come la Consob o la Banca d’Italia, e l’elenco degli operatori legittimati è consultabile pubblicamente. Diffidare di chi comunica solo online, via social o app di messaggistica, è un altro principio base. La presenza fisica, la trasparenza dei contratti, la possibilità di accedere a consulenti qualificati sono segnali importanti. E quando ci si trova davanti a prodotti finanziari nuovi, sofisticati o non del tutto chiari, il consiglio è uno solo: rivolgersi a un professionista o a un ente terzo prima di firmare qualsiasi cosa.