Era il 2 giugno del 1990 quando padre Giuseppe Rassello, all’epoca rettore della basilica di Santa Maria della Sanità a Napoli, venne arrestato sul sagrato della chiesa da due poliziotti in borghese, subito dopo aver celebrato un matrimonio. Il religioso, conosciuto da tutti come il "prete in jeans" per il suo abbigliamento casual, finì al centro di una complessa vicenda giudiziaria che ebbe una grande eco mediatica. L’accusa: abusi sessuali su un minore di 14 anni. In primo grado il sacerdote fu condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione, mentre in appello la pena venne ridotta a 2 anni e un mese. In seguito alla condanna, il sacerdote si trasferì sull’isola di Procida, dove morì all’età di soli 49 anni.
A quasi 35 anni dai fatti, il caso di padre Rassello continua a far discutere, dividendo l’opinione pubblica tra innocentisti e colpevolisti. "Ci sono aspetti agli atti dell'inchiesta che andrebbero approfonditi”, dice a Il Giornale la giornalista Giuliana Covella, autrice del libro d'inchiesta "Apri gli occhi. Storia di padre Rassello, un prete scomodo alla Sanità", con la prefazione di Roberto Saviano, edito da Guida Editori. "Spero con questo mio lavoro di essere riuscita a valorizzare il ricordo di questo prete, la cui dignità è stata ingiustamente lesa", continua l'autrice del volume.
Giuliana Covella, com'è nata l’ispirazione per questo libro?
"Quasi per caso. Essendo cresciuta nel quartiere Sanità, avevo già sentito parlare di padre Rassello. Ai tempi dell’università avevo visto il film del regista Antonio Capuano, 'Pianese Nunzio, 14 anni a maggio', ispirato alla vicenda giudiziaria che coinvolse il religioso e ricordo di aver pensato che quella storia non mi aveva convinto fino in fondo. Poi è accaduto che, due anni fa, dopo aver pubblicato il libro sul caso Ponticelli, ho avuto una sorta di 'blocco dello scrittore'. Ad un certo punto, una notte in cui avevo il sonno un po' agitato, sentii come una voce che mi sussurrò una frase: 'Apri gli occhi' e mi venne davanti la figura di questo prete. L’indomani ho iniziato a documentarmi e a contattare le persone che lo avevano conosciuto. A partire dal figlio dell’avvocato che lo difese al processo, Francesco Maria Tuccillo, poiché anche lui aveva partecipato alle udienze e conosciuto padre Rassello. E da lì è cominciato tutto".
Nel libro ha raccolto molte testimonianze. Che idea si è fatta di questo "prete scomodo alla Sanità"?
"Attraverso i racconti di chi lo ha conosciuto, mi sono fatta l'idea che padre Rassello fosse una persona molto riservata, un intellettuale sui generis, un uomo che amava la cultura e voleva trasmettere l’amore per Dante e i classici greci e latini a quei ragazzi che tentava di salvare dalla strada. Era un prete di frontiera perché, a quei tempi, la Sanità era un quartiere molto difficile. E lui si battè in prima linea per cambiare quello status quo".
Padre Rassello fu accusato e condannato per abusi sessuali nei confronti di un 14enne. Secondo lei, ci sono punti oscuri in questa vicenda? Se sì, quali?
"Basta leggere le carte per capire che questa storia ha molti punti oscuri. Uno dei tanti è la testimonianza del ragazzino che raccontò di essere stato abusato. Secondo il perito del Tribunale di Napoli, il professor Alfonso Zarone, un luminare in ambito medico-legale, che aveva analizzato tutti i referti medici, il 14enne non aveva subito alcuna violenza sessuale. Eppure la versione fornita dal minore fu considerata sufficiente per condannare padre Rassello. Per questo, e non solo, credo che dietro questa storia ci sia ben altro".
Cioè?
"Padre Rassello dava fastidio e la sua voce doveva essere messa a tacere. Ogni domenica, durante la messa, attaccava la camorra e la malapolitica. Quella stessa politica a cui lui chiuse le porte della sua chiesa per impedire un comizio della Democrazia cristiana a pochi giorni dalle elezioni che ci sarebbero state proprio nell'anno in cui venne arrestato".
Nel libro fa riferimento a un episodio in particolare, ovvero la partecipazione di padre Rassello a un talk show politico dell'epoca. Ci può dire qualcosa in più?
"A fine aprile del 1990 andò in onda sulla Rai una puntata di 'Samarcanda', il celebre programma di approfondimento politico condotto dal giornalista Michele Santoro. Ospite della trasmissione, padre Rassello denunciò a gran voce, come faceva ogni domenica dal pulpito, la collusione tra camorra e istituzioni. Il 2 giugno venne arrestato sul sagrato della chiesa, subito dopo aver celebrato un matrimonio, da due agenti in borghese. Un’operazione scattata a seguito di ‘una soffiata anonima’, come c'è scritto negli atti".
Ritiene che sia stata trascurata qualche ipotesi investigativa?
"Penso di sì. Sicuramente ci sono molte zone d’ombra o situazioni che potrebbero aver avuto un peso in questa vicenda. Perché la mia impressione è che padre Rassello fu vittima di una vera e propria macchina del fango. Del resto fu lui stesso a dirlo quando, alcuni giorni dopo l’arresto, parlò di una 'macchinazione' nei suoi confronti, sottolineando che quel 'fango' era 'più pesante del piombo di P38'".
Lei ha presentato questo libro alla Sanità. Come ha risposto il quartiere?
“L’ho presentato nella chiesa della Missione ai Vergini del Complesso Monumentale dei Vincenziani, che fa parte del Rione Sanità, ma mi sarebbe piaciuto poterlo fare anche alla chiesa di San Severo, dove padre Rassello iniziò la sua attività pastorale prima di passare alla basilica della Sanità. Qualcuno trascura il fatto che questo 'prete in jeans', come era soprannominato per il suo abbigliamento casual, portò alla luce alcuni dei tesori che oggi è possibile ammirare nelle catacombe di San Severo, San Gennaro e San Gaudioso. Lo fece scavando con le sue mani, fino a notte fonda, assieme ai ragazzi del quartiere. Rispondendo alla sua domanda, le persone del rione hanno molto apprezzato questa mia iniziativa. Alla Sanità conservano tutti un ottimo ricordo di padre Rassello, lo hanno sempre difeso e sostenuto. Lui ha salvato molti giovani, oggi diventati uomini adulti, togliendoli dalla cattiva strada".
Facendo una riflessione un po' più ampia, quanto è importante oggi la figura di un prete per i ragazzi delle periferie?
"È importantissima perché forma le coscienze, forma gli uomini e le donne del domani, i cittadini onesti. I cosiddetti ‘preti di quartiere’ sono un riferimento fondamentale per i ragazzi, soprattutto per quelli che rischiano di perdersi, poiché fungono da anello di congiunzione tra la famiglia e le istituzioni".
Secondo lei, c’è un erede di padre Rassello?
"Un erede potrebbe essere Don Aniello Manganiello, che svolge la sua attività pastorale a Scampia e al Rione Don Guanella. Lui ha subito minacce, hanno tentato più volte di allontanarlo dalla sua comunità, ma è sempre rimasto al suo posto. Non ha mai lasciato soli i ragazzi del quartiere, cercando di fornire loro gli strumenti e la conoscenza per un futuro migliore. Ma ce ne sono tanti altri che operano silenziosamente nelle periferie delle nostre città".
Tornando alla vicenda giudiziaria di cui ha scritto, pensa che ci siano le premesse per una eventuale riapertura delle indagini?
"Gli atti potrebbero e dovrebbero essere rianalizzati, quantomeno per approfondire quegli aspetti che mostrano un ampio margine di dubbio. La storia di padre Rassello merita verità e giustizia. E spero con questo mio lavoro di essere riuscita a valorizzare il ricordo di questo prete, la cui dignità è stata ingiustamente lesa. Un prete che ha tracciato il futuro del Rione Sanità, sfidando i pregiudizi e ponendosi sempre al servizio della comunità".