Pifferi, pena ridotta a 24 anni. "Ma una vita vale così poco?"

Scritto il 06/11/2025
da Cristina Bassi

Cancellato l'ergastolo, i giudici concedono le attenuanti generiche. "La donna capace di intendere e volere". La rabbia della sorella

Ergastolo cancellato e pena ridotta a 24 anni di reclusione. Così ha deciso ieri la Corte d'assise d'appello per Alessia Pifferi, la donna oggi 40enne che nel luglio del 2022 ha lasciato morire di stenti la figlia Diana, di soli 18 mesi. In primo grado Pifferi era stata appunto condannata al carcere a vita.

L'imputata era, come sempre, presente in aula ed è rimasta impassibile alla lettura del dispositivo. I giudici di secondo grado ribadiscono che Alessia Pifferi è capace di intendere e volere, ma le riconoscono le attenuanti generiche, equivalenti all'unica aggravante rimasta in campo. In più infatti hanno escluso l'aggravante dei futili motivi, mantenendo solo quella del vincolo di parentela con la vittima (la premeditazione era già stata esclusa in primo grado). «Le hanno riconosciuto le attenuanti generiche, ma il reato resta lo stesso (omicidio volontario aggravato, ndr) - commenta il difensore, l'avvocato Alessia Pontenani -. Sono 24 anni che per me non sono neanche giustificati. Hanno bilanciato le attenuanti con le aggravanti, ma è un risultato soddisfacente». La sorella dell'imputata, Viviana Pifferi, che è parte civile nel processo rappresentata dall'avvocato Emanuele De Mitri, insieme alla madre, ha dichiarato: «Non è giustizia. Questa sentenza lascia l'amaro in bocca e dolore per una bambina che non c'è più. Lei non ha nessun rimorso di coscienza, ma si danno solo 24 anni a una mamma che è andata a divertirsi invece di badare alla figlia». Mentre la nonna della vittima, Maria: «Sono mamma, è mia figlia anche lei e non me la sento di commentare».

Nella lunga requisitoria il sostituto pg, Lucilla Tontodonati, aveva chiesto la conferma dell'ergastolo. Alessa Pifferi, ha detto in aula, è una persona «egocentrica, che tende a occuparsi delle proprie esigenze. Ha piena, totale, capacità di intendere e di volere e questo dovrebbe porre fine a tante questioni che hanno agitato questo processo. L'accertata imputabilità non può che coincidere con la colpevolezza, sono le sue condotte, il suo non garantire questioni primordiali della vita umana» alla figlioletta. Ancora: «È un nostro retaggio culturale pensare che una madre non possa sopprimere la sua bambina, ma accade, perché è uno dei tanti aspetti della natura umana. È difficile pensare che una madre possa decidere che non le importi o le importi poco o nulla di sua figlia, ma questo accade e dobbiamo partire da questo presupposto. In questo caso la condotta è particolarmente raccapricciante perché è una condotta omissiva: non è una madre che butta la figlia dalla finestra ma la lascia per cinque giorni a soffrire, per cinque giorni da sola», con solo un po' di latte e un po' di acqua e tè. Così invece il difensore, che chiedeva di derubricare il reato a morte come conseguenza di abbandono di minore e valuta il ricorso in Cassazione: «Siamo sicuri che Alessia Pifferi abbia voluto uccidere volontariamente? No, io non ne sono sicura. Alessia Pifferi è una persona buona, che non ce la fa ad essere cattiva perché per essere cattivi bisogna essere intelligenti. Vengo accusata di prendermela con la famiglia di Alessia, ma è pacifico che questa donna sia stata lasciata a se stessa». Le motivazioni della sentenza sono attese fra 15 giorni.