Vittorini e Milano, una storia d'amore da vivere col robot

Scritto il 15/07/2025
da Sabrina Cottone

La mostra si può visitare anche da casa. Libri, manoscritti e gli incontri di una vita

"Se scriverò mai un'autobiografia, racconterò della grande importanza ch'ebbe per me quel viaggio a Milano. Ne tornai innamorato di luoghi e nomi, del mondo stesso, come ero stato altre volte solo nella mia infanzia". Così Elio Vittorini, (Conversazioni in Sicilia, introduzione dell'autore, 1941), nato e vissuto a Siracusa, e poi a Firenze, racconta il suo primo impatto con Milano, avvenuto con un viaggio del 1933, quando in qualche modo viene scelto, attratto dalla città. Nel 1939, sarà lui a sceglierla come luogo definitivo del suo essere e del suo stare, quando vi si stabilisce per lavorare con la case editrice Mondadori. È allora che scrive: "Anzitutto è città: quando ci si è dentro veramente si pensa che il mondo è coperto di case; e poi può capitare che si trovi della campagna in mezzo a un quartiere, che si trovi un posto con una chiesetta proprio da campo al margine; copre il mondo ed è piena del mondo, di tutte le possibilità naturali del mondo (tranne montagne, che detesto). Io non sarò più tranquillo se non saprò d'esserci là dentro, come milanese" (da una lettera del 1939 a Cesare Pavese, in Lettere 19321943, a cura di Dante Isella, Einaudi, 1990). Vuole diventare milanese e questo suo anelito sarà realtà, dal momento che Vittorini è uno degli intellettuali di riferimento del panorama della Milano del secondo dopoguerra.

Vittorini è il primo protagonista della mostra "Milano città che sale", presentata "a puntate" alla Fabbrica del Vapore, e questa prima parte sarà visitabile fino al 3 agosto. Spiega il curatore, Fabio Vittucci: "Il titolo è un richiamo al quadro di Boccioni che rappresenta quel momento della voglia di progettare e costruire, di andare oltre alla situazione ordinaria, che ha la città di Milano, con la propria capacità di guardare avanti per proiettare un'idea di futuro".

Di Vittorini si vedono i manoscritti, le bozze, i libri, le fotografie, i giornali che parlano delle collane pubblicate, la collana dei cinquantotto Gettoni di Einaudi tutti esposti. Ci sono teli con immagini molto grandi e un percorso tra parole e immagini dagli anni Trenta fino al 12 febbraio 1966, anno della morte. L'allestimento si ispira al teatro: uno degli aspetti principali sono tavoli che danno la possibilità di vedere gli oggetti da tutti i lati, grazie a uno specchio e così di guardare insieme la copertina e il frontespizio.

Il format è nuovo perché vede la realizzazione della mostra attraverso una modalità seriale: sette puntate fino a gennaio 2026. La scelta di Vittorini è perché è un intellettuale che arriva da fuori, ma avverte che Milano è la sua città, "perché è una città anche metallica, che produce. Da qui l'invenzione della collana "I gettoni" che ha un nome metallico oltre che di comunicazione. La sente sua soprattutto perché gli dà la libertà di sperimentare, purché in modi di qualità. È un intellettuale che oggi parla molto alla nostra attualità perché ha sempre vissuto il suo oggi, lavorando molto per gli altri più che se stesso, da direttore editoriale e uomo capace di generare movimenti". A Milano avvengono i suoi incontri importanti: con Albe Steiner, con Mondadori e Bompiani, con Italo Calvino, suo compagno di avventure, che ha detto di lui: per anni ho cercato di capire quale fosse il suo sistema, poi ho capito che non aveva sistema.

La mostra è visitabile anche con la telepresenza robotica, grazie a tre robottini nei quali si può "entrare" da casa o da dove si vuole. Si compra il biglietto on line per una data e un'ora certe, si riceve un link via mail e si entra solo al momento in cui si è prenotata la visita. È il soggetto che grazie al robot decide che cosa fare e che cosa non fare, come vivere la propria esperienza. In caso di presenza "robotica", il biglietto è ridotto a 8 euro.