"La trattativa procede, è chiaro che nessuno vuole regalare niente a nessuno e ci sono tanti ostacoli" dichiarava ieri mattina il sindaco Beppe Sala a proposito della vendita di San Siro, pensando più che altro alle clausole da inserire nel contratto o ai ricorsi al Tar, alla Corte dei Conti, in Procura, anche se assicura di non essere tanto preoccupato per i fari accesi dalla magistratura a vari livelli "ormai coi tempi che corriamo sarà sempre così, oggi è molto difficile fare tutto, sono solo preoccupato di arrivare ad un accordo che sia di mutuo interesse". Non immaginava ancora forse che a mettere i paletti tra le ruota per una chiusura in scioltezza dell'affaire San Siro in aula entro il 31 luglio potesse essere proprio la sua maggioranza. Il Pd, per dirla in parole povere, questa volta non è disposto a cedere alla solita approvazione in Consiglio "modello cda aziendale", dibattito veloce e senza troppe storie. Ieri si è tenuta una riunione, in certi momenti tesa, tesa tra capigruppo e sindaco per mettere a punto gli step. Quando la capogruppo Pd Beatrice Uguccioni ha invitato il capo di gabinetto del sindaco a lasciar concludere il discorso a Marco Fumagalli (Lista Sala) che stava sollevando obiezioni, Sala nervoso ha lasciato la stanza e non è più rientrato, anche se la riunione è proseguita per un'altra ora.
Gli step. Oggi è fissata l'udienza davanti al Tar sul ricorso del Comitato Sì Meazza che sostiene che il vincolo dei 70 anni sul secondo anello del Meazza sia già scattato. Se la richiesta di sospensiva fosse accolta (nonostante Comune e Ministero della Cultura confermino che la deadline è il 10 novembre) il quadro si complicherebbe. Se c'è semaforo verde, Comune e club accelereranno le trattative e la chiusura potrebbe arrivare in 24-48 ore. L'obiettivo di Sala è votare la delibera sull'interesse pubblico in giunta entro fine settimana o lunedì al massimo. Martedì 22 e mercoledì 23 le Commissioni, poi in aula per il voto entro il 31. "Stiamo ancora lavorando su una serie di questioni" ha precisato, spunta l'ipotesi di una clausola che preveda una componente variabile del prezzo di acquisto (earn-out), un ritorno al Comune "qualora i club cedessero prima le aree ottenendo un extraprofitto. Un consigliere dice: Oggi vendiamo a un prezzo certificato da parte dell'Agenzia delle Entrate, se cedessero in tempi brevi perchè non ci facciamo riconoscere un ritorno?. Queste sono le cose su cui tecnicamente stiamo discutendo, anche per soddisfare le richieste del Consiglio sul tema del verde e altro. Andremo in aula, meglio entro il 31 ma dipende se riusciamo a chiudere". I vecchi paletti fissati dall'aula con un odg sembrano quasi un miraggio, il 50% dell'area a verde "vero" o i 40 milioni da destinare al quartiere che facevano parte dell'accordo sulla concessione delle aree per 90 anni. La capogruppo Pd precisa che ora sono in ballo 197 milioni dalla vendita - si discute su sconti per bonifiche e verde che diventerà pubblico - ma anticipa che la maggioranza presenterà "un ordine del giorno con le linee guida sull'utilizzo dei fondi, dallo sport al recupero delle case popolari. Decideremo a breve". Ma ribadisce che Sala non può dare per scontato un voto così rapido: "Per ora c'è stato un incontro interlocutorio, vedremo i documenti in Commissione e faremo le nostre valutazioni. Stiamo già discutendo l'assestamento di bilancio e siamo a metà luglio, certamente non è il momento migliore. Entro fine mese? Vedremo, faremo il possibile ma dobbiamo avere anche il tempo necessario per approfondire". Tommaso Gorini ribadisce che la posizione dei Verdi "è contraria, abbiamo compreso la logica della legge Stadi ma non la condividiamo. Questo percorso non è la scelta giusta per la città". Il centrodestra ha protestato "occupando" l'aula e con i giornali ("è l'unico modo per avere notizie sulla trattativa") e intonando cori da stadio: "Sindaco scendi dall'ufficio". Enrico Marcora (FdI) avverte i colleghi che "si rischia il danno erariale". Ma assenze a sinistra, dati i mal di pancia, sono già garantite.