Confindustria ha presentato oggi a Roma il documento strategico “Economia del Mare: azioni strategiche per la maggiore competitività del nostro Paese”, un piano organico per rafforzare uno dei comparti più dinamici e promettenti dell’economia nazionale. A illustrarne contenuti e obiettivi è stato Mario Zanetti, delegato del presidente di Confindustria per l’Economia del Mare, che ha richiamato con forza l’attenzione su un settore che “vale ormai l’11,3% del Pil italiano, con un impatto diretto di oltre 76 miliardi di euro, più di un milione di occupati e 230mila imprese”.
Il documento presentato da Zanetti parte da un dato inequivocabile: negli ultimi anni, l’Economia del Mare ha conosciuto una crescita costante, consolidandosi come uno dei principali driver di sviluppo per il sistema Paese. “Ogni euro investito nel nostro settore genera quasi due euro di valore” ha sottolineato Zanetti, evidenziando come comparti come la cantieristica navale esprimano un potenziale moltiplicatore ancora più rilevante.
Una visione industriale per il futuro del mare italiano
L’approccio delineato da Confindustria si fonda su tre driver strategici: Infrastrutture e Portualità, Vettori e Flotte, Persone e Competenze, sostenuti da leve trasversali come l’accesso a risorse finanziarie per favorire le transizioni energetica e digitale, la semplificazione normativa e amministrativa e una comunicazione mirata a costruire una nuova cultura industriale attorno alla competitività del settore.
“Serve una strategia politica unitaria e sistemica che rafforzi il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e sui mercati globali”, ha dichiarato Zanetti, sottolineando come il sistema marittimo italiano non possa più permettersi politiche frammentate e interventi disomogenei.
Portualità: più modernità, più sostenibilità, più competitività
Tra i temi centrali, quello delle infrastrutture portuali: secondo Zanetti, “i porti italiani devono diventare hub moderni, intermodali, connessi e sostenibili, se vogliamo affrontare le sfide globali”. Servono investimenti mirati per il potenziamento infrastrutturale, lo sviluppo dell’intermodalità ferro-porto, la digitalizzazione dei processi logistici e doganali, e la transizione energetica attraverso l’elettrificazione delle banchine e l’adozione di combustibili alternativi.
Altro punto chiave è la governance. Zanetti ha auspicato “una regia più efficace e coordinata per evitare concorrenza interna tra porti italiani e per valorizzare il ruolo delle comunità economiche locali nelle scelte strategiche”.
Non meno rilevante il tema del Pnrr e dei fondi Ets, che secondo Confindustria devono essere canalizzati con precisione verso interventi strutturali e innovativi, rendendo i porti italiani veri protagonisti della transizione green e digitale.
Flotte e vettori: norme più semplici e transizione sostenibile
Il settore dello shipping è un altro pilastro dell’Economia del Mare che richiede attenzione. “Registro Internazionale e Tonnage Tax non bastano più: serve semplificazione normativa e un quadro chiaro per accompagnare la transizione energetica senza penalizzare la competitività delle nostre flotte” ha spiegato Zanetti.
La decarbonizzazione va affrontata in modo pragmatico, garantendo equilibrio tra obiettivi ambientali e sostenibilità economica delle imprese, mentre sul fronte delle norme europee “è essenziale evitare squilibri con gli standard internazionali, per non compromettere la competitività del nostro shipping”.
Anche per la cantieristica navale – settore in cui l’Italia è leader mondiale – Zanetti ha invocato “politiche industriali mirate che ci consentano di consolidare il nostro primato”.
Sul diporto nautico, è stata denunciata l’eccessiva burocrazia che spinge molte imbarcazioni a battere bandiere estere, mentre per la pesca Zanetti ha ribadito la necessità di “investire nel rinnovo delle flotte per garantire sicurezza, efficienza e sostenibilità, anche in coerenza con le normative europee”.
Capitale umano: il gap da colmare
Non meno cruciale è il tema delle competenze. “Esiste un grave mismatch tra domanda e offerta di lavoro qualificato nel nostro settore: servono percorsi formativi più aderenti alle reali esigenze delle imprese, con focus su competenze digitali, logistica, lingue e transizione energetica” ha dichiarato Zanetti.
Per colmare il divario, Confindustria propone un potenziamento degli ITS e dell’offerta universitaria, incentivi per chi assume giovani con profili tecnici specializzati, e un maggiore dialogo tra mondo produttivo e istituzioni.
“Inserire l’Economia del Mare tra le aree strategiche del Piano Mattei rappresenterebbe un segnale concreto della centralità di questo comparto per il futuro del Paese” ha aggiunto Zanetti.
Confindustria come interlocutore per un nuovo modello di sviluppo
In conclusione, Mario Zanetti ha ribadito che “per far crescere davvero l’Economia del Mare serve una visione condivisa tra industria e istituzioni, una governance moderna e investimenti mirati su infrastrutture, flotte e capitale umano”.
Confindustria si candida a essere il principale interlocutore del Governo per trasformare le criticità in azioni concrete, favorendo il dialogo tra le parti e contribuendo alla costruzione di un ecosistema normativo e produttivo che permetta all’Italia di rafforzare il proprio ruolo nel Mediterraneo e nei mercati globali.
“L’Economia del Mare è già una delle principali leve di competitività per il nostro Paese: ora dobbiamo farla diventare anche un modello di sviluppo industriale e occupazionale per il futuro”, ha concluso Zanetti.