C'è un motivo preciso che spiega perché gli Stati Uniti stiano da tempo invitando i loro partner asiatici a ''fare di più'' sul lato militare. L'esercito cinese ha iniziato ad estendere il proprio raggio d'azione ben oltre le coste nazionali e il Mar Cinese Meridionale, mostrando i suoi muscoli nel Pacifico. Detto altrimenti, Pechino è ormai solita inviare navi da guerra e aerei da combattimento in territori fino a qualche anno fa mai toccati, mettendo in mostra un'evoluzione operativa che ha spinto gli Usa a rafforzarsi nella regione strategica.
La Cina nel Pacifico
Il Wall Street Journal ha dedicato un lungo articolo all'"espansione militare cinese nel Pacifico". Se, infatti, fino a qualche anno fa Pechino non riusciva a penetrare la sfera d'influenza creata nell'Indo-Pacifico dagli Usa e i loro partner locali, adesso quel senso di inferiorità sembra appartenere al passato. È per questo che gli Stati Uniti stanno riorganizzando le proprie risorse militari nella regione, così da coprire l'intera area in maniera più efficiente in caso di un fantomatico scontro con la Cina.
In generale le forze cinesi operano all'interno della cosiddetta prima catena di isole, e cioè attorno a Taiwan, nel Mar Cinese Meridionale e nel Mar Cinese Orientale; adesso hanno tuttavia intensificato le operazioni anche nel Mar Giallo, dove una presenza rafforzata potrebbe garantire al gigante asiatico maggiore libertà di movimento qualora dovesse esplodere un conflitto nello Stretto di Taiwan. Ma non è certo finita qui perché lo scorso giugno due portaerei cinesi hanno tenuto le loro prime esercitazioni simultanee nel Pacifico occidentale. Una delle due ha addirittura oltrepassato Iwo Jima, in Giappone, insieme ad almeno altre sette navi: è stata la prima volta che una portaerei cinese ha attraversato il secondo arcipelago.
Le preoccupazioni Usa
C'è poco da sorprendersi visto che quest'anno un gruppo di navi della Marina cinese ha navigato nel Mar di Tasman e intorno all'Australia, effettuando esercitazioni di tiro a fuoco vivo durante una visita che ha preoccupato il ministero della Difesa neozelandese. E ancora: quando le due citate portaerei cinesi hanno effettuato esercitazioni congiunte nel Pacifico occidentale, le forze cinesi hanno effettuato più di 1.000 decolli e atterraggi di aerei, mentre i caccia a reazione del Dragone hanno inseguito per due volte le pattuglie giapponesi che monitoravano quelle stesse operazioni.
Per contenere la Cina gli Stati Uniti hanno schierato i cosiddetti missili "carrier killer" nelle Filippine settentrionali, rendendo più pericoloso per i cinesi attraversare il primo arcipelago in un conflitto, ma questa mossa potrebbe non essere sufficiente a intimorire Pechino. "Il problema non è che (i cinesi ndr) abbiano capacità di navigazione in acque blu crescenti e che si stiano dispiegando più lontano dalle loro coste. Questo è prevedibile. Il problema è la natura con cui lo stanno facendo, ovvero in maniera provocatoria", ha dichiarato al Wsj Jennifer Parker, ricercatrice associata in studi navali presso l'Università del Nuovo Galles del Sud a Canberra.
Nel frattempo gli Usa mantengono una presenza di sicurezza in Asia che include decine di migliaia di soldati sull'isola giapponese di Okinawa, a meno di 800 chilometri da Taiwan. Circa 55.000 militari statunitensi sono invece di stanza in Giappone e più di 28.000 in Corea del Sud. L'esercito statunitense ha inoltre rafforzato la propria presenza nel territorio americano di Guam, che ospita già diversi sottomarini nucleari e dispiegamenti di bombardieri a lungo raggio, aggiungendo una nuova base che dovrebbe ospitare 5.000 Marines.