La lezione di Pechino per trattare con Trump

Scritto il 15/07/2025
da Augusto Minzolini

Per alcuni versi non si comprendono le polemiche di queste ore tra chi reclama una risposta dura alla minaccia di Donald Trump di dazi al 30% dal primo agosto nei confronti dell'Europa e chi, invece, predica prudenza e suggerisce la strategia della mano tesa verso il tycoon. Nessuna delle due teorie è nel giusto oppure nel torto perché stiamo parlando di Trump, cioè di un personaggio umorale, che si è meritato l'appellativo di TACO (Trump Always Chickens Out, Trump si tira sempre indietro), che alza i toni e lancia minacce che spesso si rimangia. E di fronte a propositi che per ora restano allo stadio di parole non ha senso dividersi in Italia come in Europa. E poi su cosa? Sarebbe sbagliato dar vita ad un'escaletion di intimidazioni. Sarebbe come usare la minaccia dell'atomica come risposta a quell'altro mattacchione di Dmitry Medvedev, il numero due russo, che un giorno sì e un altro pure ventila la guerra nucleare: di fatto, andrebbe in scena il festival dell'assurdo. Contemporaneamente sarebbe un errore non dare l'idea che ci sarà una risposta appropriata da parte europea qualora Trump trasformasse i brutti pensieri in fatti. In fondo l'approccio più efficace verso The Donald - potrà sembrare paradossale e molti non saranno d'accordo - è stato quello di Pechino: i cinesi sono stati stringati, telegrafici, hanno preferito il silenzio ai proclami, ma quando il Presidente USA ha messo in atto i suoi propositi, hanno preso provvedimenti calibrati sui dazi decisi da Washington facendo cambiare idea a TACO. Insomma, l'importante è che Trump sia consapevole che le sue decisioni d'agosto provocheranno risposte della stessa natura da parte della UE. Aggiungere altro ora è assolutamente superfluo e magari dannoso.

Le polemiche sull'argomento rischiano solo di offrire l'immagine di un paese spaccato e di un'Europa divisa che sono proprio gli obiettivi di Trump. Lo incoraggiano, nei fatti, a perseverare nella sua tattica. Inoltre alzare i toni serve a ben poco e può essere controproducente specie ora che il presidente USA sembra - con lui nulla è sicuro - aver assunto una posizione più dura nei confronti di Putin.

Ecco perché la richiesta della Schlein di un dibattito parlamentare sulla risposta da dare agli eventuali dazi di Trump appare intempestiva. E, soprattuto, a che pro? Se esageri offri un pretesto al tycoon; se sei troppo remissivo gli apri la strada. In più l'elenco delle contromisure a disposizione dell'Europa (dai controdazi all'intervento sulle big Tech, dall'anti-coercion instrument all'apertura verso nuovi mercati) sono note anche a Trump.

Appaiono fuori luogo pure le polemiche di chi se la prende con la UE - vedi la Lega - e propone una trattativa diretta del nostro Paese con Washington. "Il commercio - ricorda Giorgio Mulé, vicepresidente della Camera di Forza Italia - è competenza esclusiva della UE. Siamo alle trovate dei grillini di dieci anni fa".

Duole dirlo ma la posizione più razionale per una volta è quella della Commissione Ue: andare avanti nella trattativa con gli Usa puntando ad un risultato positivo ben sapendo che se non approderà a nulla l'Europa darà una risposta appropriata ai dazi al 30%. Il resto sono solo un'impennata di chiacchiere: al 100%.