Giuli, ecco il colloquio cestinato dal Corriere

Scritto il 15/07/2025
da Francesco Boezi

Il titolare della Cultura: "Mi aspetto che dia l'esempio, spazio ai motivati"

Le risposte del ministro Alessandro Giuli nell'intervista mai pubblicata dal Corriere della Sera tracciano un vero e proprio manifesto programmatico. Il primo tema toccato è l'editoriale di Ernesto Galli della Loggia, probabilmente all'origine della presunta «censura». Al ministro, che ha postato il testo su Facebook, viene chiesto se ritiene necessario uno «scatto in più» sul piano culturale. Nell'editoriale citato dal redattore del giornale di via Solferino, Galli della Loggia accusa la destra di aver ridotto la sua azione all'occupazione di posti di potere, come nel caso della Rai, trascurando l'elaborazione di un progetto culturale solido.

Giuli risponde in modo secco, bollando come «perditempo» i critici dell'esecutivo: «Insinuano che l'impegno della destra sia concentrato sulle poltrone, ma noi intanto raggiungiamo risultati» afferma, citando, come ultimo risultato conseguito, l'iscrizione della Domus de Janas tra i siti Unesco.

A quel punto, la replica al professore diventa frontale: «Il mio predecessore lo aveva nominato in una poltrona di lusso, a capo della Consulta dei comitati nazionali, dalla quale il professor ha giudicato indegne di valore nazionale

le opere di Papini, Volpe e perfino Gentile. La stessa Consulta ha bocciato le celebrazioni per il 650° anniversario di Boccaccio. Ergo: mozione accolta, ora mi aspetto che dia il buon esempio e lasci spazio a persone più motivate».

Segue un passaggio hegeliano, nel registro tipico del ministro: «Altrimenti sarò costretto a replicare parafrasando Hegel: Non c'è eroe (politico) per il suo cameriere (intellettuale)».

Giuli nega poi l'esistenza di tensioni con il sottosegretario leghista Lucia Borgonzoni, e si sofferma sul tema caldo dell'estate: i fondi per il cinema. Gli viene chiesto se la riforma del tax credit rischi di ridurre le risorse per il cinema italiano, penalizzando i «veri autori». Il ministro risponde con fermezza: «I veri autori non dovranno più dividere i soldi con i truffatori». Centrale, nel nuovo assetto, sarà il ruolo della Commissione di verifica. «Chi fa davvero cinema non ha alcunché da temere», conclude. Tre domande riguardano le nomine. La prima le «imminenti scelte» per molti «grandi musei». E il ministro dà una notizia. Le terne dei candidati sono arrivati, premette. Ma Giuli si ritiene «insoddisfatto» dei lavori della Commissione proponente. Quindi il bando potrebbe essere riaperto «contestualmente

allo svolgimento di quello per i musei di seconda fascia».

Un altro argomento delicato è Cinecittà. «Ma quando mai - chiede l'intervistatore, citando Giuli - c'è stata l'Unione sovietica a Cinecittà?». Anche su questo, il capo di dicastero risponde con dovizia di particolari: «L'espressione Unione Sovietica - chiarisce - era riferito all'eccesso di vincoli, anche tematici, e di obblighi di appartenenza che avevano trasformato un tempio della cultura in un edificio vuoto e pericolante». Insomma, checché ne dicano a sinistra, per Giuli Cinecittà prevedeva «obblighi di appartenenza». Si direbbe una casa matta gramsciana. E ora la «nuova governance di Manuela Cacciamani - rivendica l'esponente di governo - sta risanando i conti e ridando vita e lustro internazionale agli studios, oltre a raggiungere i target» del Pnrr. Le altre due domande vertono sulla nuova presidenza di Cinecittà dopo le dimissioni di Claudia Sbarigia e sulla successione a alla Direzione del cinema. La sensazione è che per il ministro la partita sia solo all'inizio. E che sia stata intrapresa la strada per una riforma netta del sistema culturale.