Per ricostruire con un minimo di accuratezza lo scambio di buffetti intercorso in questi ultimi tre giorni fra il ministro della cultura Alessandro Giuli e l'editorialista del Corsera Ernesto Galli della Loggia ci vorrebbe un metaforico Ris dei Carabinieri in grado di individuare i frammenti di dna e gli indizi biologici contenuti nelle dichiarazioni incrociate dei contendenti, tanto il contenzioso si è sfilacciato e dissolto. Sabato l'irsuto professore aveva attaccato il Mic rilevandone la pochezza di idee e di iniziative, con un consiglio non richiesto su come si costruisce un'egemonia. Alla richiesta di una replica, Giuli aveva optato per una rara intervista; sette domande, una per una risposta a Galli, cinque sulla questione dei finanziamenti al Cinema, una sulla nuova tornata di nomine nei grossi musei. Si fa questa intervista. L'intervista viene fatta leggere al ministro, con la richiesta di ritoccare un termine poco rispettoso ("perditempo") riferito al docente, a cui viene imputato anche il fatto di occupare una "poltrona di lusso" a capo della Consulta dei Comitati nazionali, ottenuta dal precedente ministro. Traducendo per chi ha una concezione cruda della lingua: l'uno dice: "Non sapete fare una mazza, siete solo dei poltronari"; l'altro risponde: "Comincia ad alzare tu le terga dalla tua, pelandrone".
Il giornalone, per non correre il rischio d'intaccare la propria linea soporifera, cassa l'intervista. Il ministro, per ripicca, con un gesto tecnico di dribblaggio la deposita sui social. Con ciò rivendicando contemporaneamente un risultato recente, l'iscrizione del 61° sito Unesco nel nostro Paese (in Sardegna) e soprattutto lo sgrovigliamento della matassa dei finanziamenti al Cinema, un pasticcio che prevede la revoca di 66 milioni di tax credit, sacri soldi pubblici erogati alla carlona ad ogni specie di scalzacani, impostori, millantatori di progetti fantasma, mitomani e, giusto per non farsi mancare niente, presunti assassini. Più che un crogiolo di cultura, un circo degli orrori.
Se ne va Nicola Borrelli dalla Direzione cinema, se ne va Claudia Sbarigia dalla presidenza di Cinecittà, i conti passano al vaglio di Manuela Cacciamani. Non si tocca la sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni (e così siamo a posto con Salvini). Per i musei, c'erano delle terne di candidati. Lì, conferma un portavoce del Mic, "il ministro valuterà se riaprire il bando per valutare i profili da selezionare". Il che significa che dei suddetti candidati, per dire, ne vedremo pochi.
Poi non si capisce più bene chi parli e chi risponda, perché ci si mettono di mezzo in troppi. Da Via Solferino fanno sapere che "ognuno potrà giudicare come neghi anche l'evidenza rispetto ai problemi e alle divisioni nel suo ministero". A spanne: Galli dice che la sua "poltrona di lusso" è a titolo gratuito. Gli rispondono che è di lusso perché è prestigiosa (e, diciamolo pure, orienta l'attività dei comitati su iniziative che escludono i nomi di Giovanni Gentile, Papini, e le celebrazioni del 650°anniversario della morte di Boccaccio, quindi smuove soldi in altre direzioni). Sempre dal ministero rivendicano gli incentivi del Decreto cultura per biblioteche, librerie ed editoria, i risultati da record nell'affluenza ai musei del 2024 e la conseguente ricaduta sul settore del turismo. Poi il dibattito scende un po' di livello con l'orgoglioso svelamento dell'editorialista di punta di aver speso di tasca propria una cifra non meglio di precisata, ma fra i 150 e i 200 euro, per i tassì che lo hanno traslato alle riunioni della Consulta che presiedeva. Del resto, trattandosi di poltrona di lusso, mica uno ci può andare con l'Atac. A tumulare il duello con una nuance surreale si sdegna Matteo Renzi, per un ministro "talmente pieno di se stesso da pretendere di sostituirsi alla direzione del Corriere", e dandogli dell'epuratore. L'umile Renzi, che assegnava le poltrone a ministre con la terza media. Poi girò il documentario "Firenze secondo me" e il mondo della Cultura si dimenticò di lui.