Il distruttore di cattedrali

Scritto il 15/07/2025
da Vittorio Macioce

Alessandro Giuli sa essere sfrontato e coraggioso. Non è detto che sia un difetto, neppure per un ministro, soprattutto se sei pronto a pagare il prezzo delle tue azioni e non hai una vocazione democristiana. Non è da tutti sfidare il Corsera, in questo modo corsaro, pubblicando l’intervista che il quotidiano di via Solferino, con la stessa cortesia di Bartleby lo scrivano, ha preferito non mettere in pagina. Si è creata una situazione strana. Quella di Giuli è una scelta scostumata, soprattutto quando svela lo scambio di messaggi con la redazione, con chi fa le domande e chi le riceve. Queste cose magari non si fanno. È imbarazzo. È scortesia. Allo stesso tempo però è un gesto di trasparenza, perfino rivoluzionario, perché racconta una triste abitudine che quelli del mestiere conoscono, anche se svilisce i giornalisti: i ministri (e non solo loro) pretendono di rileggere le interviste e perfino di sindacare sul lavoro di chi scrive.

Non fa bene a nessuno. È così che Giuli può sorridere, dicendo: «Censura». «E poi dicono che gli illiberali siamo noi di destra». È uno sberleffo, ma non è affatto banale. Il ministro della Cultura è davvero coraggioso, con un pizzico di barbara incoscienza. Il suo gioco, più intellettuale di quanto si pensi, è dissacrare. No, non è mancanza di rispetto per secoli di storia. È qualcosa di più politico. È entrare nella cattedrale e sconsacrarla, strattonando il vecchio arcivescovo che predicava un risveglio del pensiero. Cosa fa questa destra dormiente? È il tema evocato da don Ernesto Galli della Loggia: «Cultura, lo scatto non c’è».

La cultura, sosteneva, non può essere poltrone e potere. Appunto.

Ora bisogna osservare le mosse di Giuli. Non va allo Strega perché non gli hanno inviato i libri. Non sceglie i direttori dei principali musei italiani perché le terne che le commissioni hanno indicato sono noiose e forse di parte. Non si lascia commuovere dal pianto di registi e attori poveri di contributi pubblici e soprattutto si diverte a scarnificare le liturgie della repubblica delle lettere. È dissacrante. Non è detto che sia per forza un male, perché i chierici sono così incancreniti di Novecento che non sanno leggere i nuovi tempi. La vera sfida di Giuli sarà trovare intellettuali. Buona fortuna, ma una cosa almeno bisogna riconoscergliela: sta facendo proprio quello che gli ha chiesto Galli della Loggia. Una scossa, ci vorrebbe una scossa.