Fanno sicuramente specie i 5 gol rifilati in un tempo solo, il secondo, dopo averne falliti almeno altrettanti durante la prima frazione. Fanno notizia i dati auditel (toccato il 33,9% di share, quasi 6 milioni incollati dinanzi alla tv) e la calorosa accoglienza riservata dal pubblico di Bergamo a quel ct debuttante che pure è stato accolto sulla soglia di Coverciano da un diffuso scetticismo per via di quel perfido pregiudizio che accompagna spesso esponenti poco inclini a tessere preziose relazioni. Gattuso non è mai stato uno che piace alla gente che piace, per intendersi al volo. L'avvertenza però è sempre la stessa: 5 gol all'Estonia non possono cambiare il destino della Nazionale perché il sentiero che porta al prossimo mondiale è ancora stretto e lungo. E già domani sera, a Debrecen, Ungheria, contro Israele, la musica calcistica sarà un'altra. Eppure il clima respirato venerdì sera e la produzione calcistica dell'Italia di Rino Gattuso hanno offerto qualcosa di nuovo e di antico al tempo stesso che vale la pena segnalare. Sono essenzialmente due le caratteristiche emerse: spirito nuovo e semplicità del messaggio. La foto simbolica della panchina azzurra è il primo riscontro: trovare uno al fianco dell'altro Rino, Gigi Buffon e Leonardo Bonucci, due campioni del mondo e un campione d'Europa, significa recuperare valori ed esperienze che pensavamo perdute definitivamente lungo le curve a gomito di ripetute delusioni. I tre possono raccontare imprese e sconfitte e per questo riscuotere, nello spogliatoio di Coverciano, l'indispensabile attenzione.
Il secondo dettaglio è la semplicità del linguaggio utilizzato dal ct e dell'idea calcistica. Il 4-4-2 disegnato a Bergamo, con qualche sbavatura iniziale (Dimarco che finiva per calpestare le zolle di Zaccagni a sinistra) è il meglio che si potesse offrire dal punto di vista offensivo con una formula che viene da molto lontano e che non rappresenta una invenzione né ha bisogno di disquisizioni filosofiche per essere spiegata. Gattuso ha questa capacità: quella di farsi capire a casa sua e nello spogliatoio, quando urlava preoccupato in panchina perché i suoi non trovavano la strada del gol e temeva una reazione ostile del pubblico, o quando rifila, per goliardia, qualche romantico ceffone come ha riferito Bastoni. Forse per un ct che non ha l'ambizione di finire sui libri di storia il segreto è proprio questo: non disponendo di molto tempo per allenare, deve parlare alla testa e al cuore dei suoi per farsi capire al volo. La sua formazione umile per un verso e metropolitana sul fronte calcistico (bastava vedere l'emozione di suo papà Franco nel vedere quel ragazzino che giocava scalzo a Schiavonea debuttare da ct azzurro) è l'anticorpo indispensabile per capire che non deve illudersi. Non ha il tocco magico ma di sicuro è scattata una scintilla tra lui e il gruppo degli azzurri che può riservarci qualche bella sorpresa.