Era partito da Malo, provincia di Vicenza, con un carrellino ribattezzato "Ezio" e un’idea folle: fare il giro del mondo a piedi. L'anno era il 2020. L'impresa, riuscita. Nicolò Guarrera è rientrato in Italia giusto sabato scorso. Dopo cinque anni, oltre 35mila km percorsi, 37 milioni di passi infilanti con lenta dedizione. Un viaggio che aveva fin da subito iniziato a documentare sui suoi social, probabilmente non immaginando che i follower sarebbero lievitati a tal punto: oggi soltanto su Instragram - dove si fa chiamare Pieroad - lo seguono quasi in 450mila.
Ad accoglierlo, nel suo paesino, c'erano centinaia di persone. Un abbraccio collettivo per un ragazzo oggi trentaduenne, che ha deciso di mettersi alla prova viaggiando in controtendenza. Mentre il mondo corre frenetico e senza sosta, lui se l'è presa con la dovuta calma. Ogni giorno ha aggiunto chilometri, consumato scarpe, accumulato fatica. Ma ha anche incassato sorrisi, incontri, abbracci. La barba intanto si faceva sempre più lunga, intrecciata. Ha attraversato l' Europa e poi l’America, sfidato i deserti dell’Australia. Si è perso tra i paesaggi biblici dell’Asia. È divenuto così un Forrest Gump contemporaneo: avanti, soltanto avanti, senza sosta. E intanto il mondo ha preso a scorrere intorno. Guarrera ha percorso 37 milioni 580 mila 986 passi, circa 35mila chilometri, ha consumato 20 paia di scarpe ed è stato ospitato da 148 persone.
La sua economia è stata minima, quasi ascetica: dieci euro al giorno, un carrello colmo dell'essenziale, una connessione per raccontarsi. Ma dentro a questa apparente povertà ha racchiuso zaffiri: le migliaia di storie raccolte. In Iran ha trovato ospitalità sconfinata, in Georgia una fratellanza inattesa, in Patagonia anche l’amore. Ogni tappa si è trasformata in una piccola rivoluzione, svelando che non serve correre per conquistare.
Anche se ha pianificato tutto nel minimo dettaglio - per due anni, prima di partire - ha dovuto inevitabilmente fare i conti con insidie multiple. Si è trovato ad attraversare l'Atlantico in catamarano con una ciurma totalmente ubriaca. Al confine tra Cile e Perù la polizia gli ha sequestrato tutto, ma poi è finita con un sospiro di sollievo. Nel deserto australiano è stato colto da un potente sconforto: gli ci sono voluti 6 mesi per venirne a capo.
Ora Nicolò è tornato a casa così come era partito: a piedi. Niente voli di linea, treni o auto. Attorno a lui si è stretto un pubblico semplice: amici, curiosi, follower trasformati in presenza reale. Tutti hanno seguito le sue dirette, le foto, i racconti. Tutti riconoscono il messaggio racchiuso nella sua impresa: andando piano arriverai pure dopo, ma quel che conta è quello che incontri lungo il cammino.
Adesso Guarrera può finalmente tirare il fiato. Solleva gli occhi, contempla la folla, forse cerca con lo sguardo Ezio, il carrellino che gli ha fatto da scudiero. Sorride, con quella stanchezza che gli ricorda le dimensioni dell'impresa compiuta. E nel silenzio che cala dopo gli applausi, sembra di sentirlo pronunciare la frase che più dovrebbe appartenerli: «Sono un po’ stanchino.»
Così termina il viaggio di un ragazzo che è già diventato un simbolo. Un Forrest Gump italiano, speciale proprio perché normale.